Quella tragedia, rappresentata con grande successo al teatro Sant'angelo, rese celebre in Venezia il giovane autore.
Ho toccato del giovanile alfieriano TIESTE, argomento famoso per l'orrore che desta, ben noto a tragici antichi e moderni.
Nella piena maturità, Ugo Foscolo scrisse l'AIACE, in piena provocazione e rivolta ai fatti del suo tempo, e volle dire tutto se stesso e ritrarre allegoricamente in questa tragedia, soggetto già trattato, ma su tutt'altro motivo, da Sofocle.
L'AIACE era atteso dal pubblico con la più intensa curiosità, e grazie a tanto pubblico che bisognò rappresentarla alla Scala (1811), ma cadde non solo per le deficienze drammatiche del lavoro, ma anche e soprattutto per le mene degli avversari, tra i quali il vanitosissimo Vincenzo Monti, che vollero vedere allusioni irriverenti a Napoleone (certo raffigurato in Agamennone) e al Fouquet, terribile ministro dell'Interno, al quale il Foscolo non aveva probabilmente pensato.
Il dramma fu proibito: il Foscolo invitato a prendere un congedo di otto mesi
L'AIACE è una favola che verte su una gara fra Aiace il Telamonio e Ulisse, per possedere le armi del morto Achille.
L'esercito le vorrebbe par Aiace..., Agamennone e i re sono per Ulisse: egli le ha guadagnate con le sue astuzie.
Aiace, forte del suo diritto e del suo orgoglio, ma calunniato da Ulisse come traditore, perché ha sposato un'orfana principessa troiana, Tecmessa, avvilito si uccide, raccomandando ai suoi partigiani la concordia, e l'obbedienza al re voluto dai Fati, Agamennone.
Bella la figura del sacerdote Calcante, il vecchio che ha parole di saggezza e di bontà, e che solo riesce a calmare i furenti spiriti dell'eroe.
Commovente Tecmessa, deserta da tutti e non amata, se non di pietà, neppure da Aiace.
Ma la favola ha svolgimento troppo ingenuo e macchinoso.
Aiace (nel quale il Foscolo gettò tutto se stesso) è carattere troppo incerto e reticente..., mentre, nelle loro astuzie e nel loro orgoglio, sono troppo rudimentali Ulisse ed Agamennone.
Più fortuna dell'AIACE incontrò la RICCIARDA.
Ricciarda e Guido, figli di due fratelli nemici (Guelfo, principe di Salerno, e Averardo) si amano.
Il padre Guelfo uccide la figlia, perché non sposi Guido..., e poi si uccide: e si uccide anche il giovine.
Dramma violento assai più che forte.
Le invettive del nobile Averardo, contro le discordie degli Italiani iniziarono le allusioni patriottiche, frequenti poi sul nostro teatro.
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ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS - Ugo Foscolo (L'eroe romantico)
ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS - Ugo Foscolo (versione critica)
SONETTI E POESIE - Ugo Foscolo
LE GRAZIE - Ugo Foscolo
I SEPOLCRI - Ugo Foscolo
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